Che cosa vuol dire avviare una pizzeria in franchising? Quali oneri comporta e quali vantaggi? Quanto conta il brand per la riuscita della nostra attività? Per saperne di più abbiamo scelto di vedere da vicino come funziona il franchising del gruppo Sebeto (proprietaria del marchio Rossopomodoro, ma anche di altri marchi di successo della ristorazione) azienda tutta partenopea che in dieci anni ha portato all’apertura di oltre 70 punti vendita in tutto il mondo.
La storia
Rossopomodoro (http://www.rossopomodoro.com/) nasce a Napoli nel 1997, quando Franco Manna e alcuni amici aprono in corso Vittorio Emanuele il primo omonimo ristorante: una tipica pizzeria napoletana, con menù da trattoria, prezzi modici, ottima qualità dei prodotti e ricette appetitose. La pizzeria è subito un successo. Due anni dopo, nel 1999, Fabio Cannavaro, napoletano doc e in quegli anni in forza al Parma, propone di aprire in società un punto di ristorazione nella città emiliana: la proposta è accolta con entusiasmo e porta alla nascita del primo Rossopomodoro in una città lontana da Napoli. Nello stesso anno altri due locali aprono a Roma e Milano. Da questo momento in poi il trend positivo non si arresta. Nei sei anni successivi i 3 ristoranti diventano quasi 70 e Rossopomodoro conquista anche il mercato estero aprendo nuovi ristoranti a Reykjavik, Copenaghen, Buenos Aires e Londra. Per la fine del 2009 il gruppo Vesevo, proprietario del marchio (che nel 2008 ha fatturato 78 milioni di euro e servito circa 6 milioni e mezzo di clienti) prevede di arrivare a un’ottantina di punti vendita.
La filosofia
La filosofia di Rossopomodoro è quella di coniugare qualità e tradizione in un locale ampio, ben curato, che serve pizze napoletane doc e piatti della cucina partenopea, a partire da prodotti scelti. Un menù che cambia 4 volte durante l’anno, con un occhio al prezzo(lo scontrino medio è di 15,5 euro a coperto). “Non solo una pizzeria, ma nient’affatto un ristorante”: è questo, d’altronde, lo slogan di Rossopomodoro. I locali di una pizzeria Rossopomodoro devono essere ampi, circa 350-400 mq, con forno a vista nella stessa sala dove si trovano i tavoli dei clienti (almeno 200 mq), oltre a una cucina, ai servizi igienici, allo spogliatoio per i dipendenti e ad un ufficio, che possono essere posti anche a un piano diverso rispetto a quello principale. Un locale “importante”, quindi, pensato per dar lavoro almeno a 15 persone. L’investimento richiesto è di conseguenza piuttosto elevato: circa 400 mila euro, di cui 50 mila di fee d’ingresso (più royalties del 4% sul fatturato e un 1% fisso per la comunicazione). Dallo scorso anno, il gruppo ha affiancato al marchio Rossopomodoro, il marchio Rossosapore (http://www.rossosapore.com/), studiato per una nuova catena di pizzerie da asporto, che conta già 8 punti vendita fino ad oggi e prevede altre 4 aperture entro il 2009. Rossosapore punta su un pezzo forte, vale a dire la pizza a metro di Sorrento cotta sul piano tradizionale in cotto e servita in 18 diverse varianti. Ma il locale offre ai propri clienti anche molte altre prelibatezze della cucina napoletana, dal cannolo rustico, ai croquet, dai saltimbocca alle sfogliatelle. Rossosapore è un locale molto più contenuto rispetto a Rossopomodoro, e gli investimenti in questo caso sono più alla portata di chiunque voglia avviare una propria attività, preferibilmente a gestione famigliare.
L’intervista
Per conoscere da vicino il franchising di Rossopomodoro abbiamo intervistato Franco Manna, 45 anni, amministratore delegato del gruppo Sebeto, proprietario del marchio. Ideatore, promotore ed esecutore del progetto Rossopomodoro, dopo essersi laureato in Biologia, Manna si è buttato con successo nel settore della ristorazione, creando di fatto un piccolo impero della pizza napoletana doc.
- Rossopomodoro e Rossosapore. Due brand per per uno stesso mestiere. Mi spiega analogie e differenze?
Rossopomodoro è soprattutto un franchising di servizio. Al nostro affiliato proponiamo e insegniamo a gestire in modo ottimale un ristorante, puntando molto sulla formazione, oltreché sulla qualità dei prodotti. Rossosapore è invece soprattutto un progetto che consente di avviare un’attività economica a gestione famigliare. Se un locale Rossopomodoro impiega almeno 15 persone, ma talvolta anche 20-25, per gestire un locale Rossosapore bastano tre persone. Anche gli investimenti per l’affiliato sono diversi: per Rossopomodoro servono circa 1.200 euro al mq, il che significa almeno 400 mila euro per un locale di 350-400 mq; per una pizzeria d’asporto Rossosapore, che è un locale di circa 50 mq, sono sufficienti circa 80-100 mila euro per partire. Mentre Rossopomodoro ha molti punti vendita a gestione diretta, Rossosapore è un marchio pensato apposta per il franchising, e forniamo all’affiliato il pacchetto completo: non solo gli arredi e le attrezzature, ma anche i prodotti della gastronomia e della pasticceria napoletana, dal cornetto alla sfogliatella.
- Come selezionate i vostri affiliati?
Anzitutto, noi ci rivolgiamo solo agli imprenditori che vogliono impegnarsi in prima persona nel locale e non a chi vuole semplicemente investire del denaro. La prima cosa che chiediamo al nostro affiliato è infatti un lungo periodo di formazione presso uno dei tre nostri centri di formazione a Milano, Roma o Torino. Poi il franchisee dovrà fare un periodo di full immersion in uno dei nostri punti vendita. In tutto chiediamo una disponibilità pressoché totale di tempo per un periodo che va da tre a sei mesi.
- Vi occupate anche della formazione del personale?
Certamente, anche se in questo caso si tratta di una formazione più breve, perché non insegniamo alle persone a diventare cuochi e pizzaioli, in quanto devono esserlo già, ma a lavorare secondo i nostri standard.
- Quale tipo di supporto offrite al vostro affiliato?
La formazione è certamente l’aspetto più importante. Poi c’è il prodotto. Noi abbiamo selezionato una serie di produttori locali, ma ogni anno da questi produttori selezioniamo il prodotto che consideriamo il migliore, quindi forniamo al nostro affiliato il miglior prodotto al miglior prezzo. Poi, oltre a tutta l’assistenza pre apertura, dalla scelta del locale – che talvolta siamo direttamente noi a individuare – alle pratiche burocratiche, all’allestimento degli spazi, noi forniamo all’affiliato un servizio di assistenza/consulenza mensile sull’andamento dell’attività sia dal punto di vista gestionale che operativo.
-Avete anche un sistema di controllo dell’attività?
Sì. Da un lato effettuiamo controlli periodici dei punti vendita tramite nostri ispettori, che effettuano una valutazione dell’attività e verificano il rispetto degli standard del sistema Rossopomodoro; dall’altro esiste un controllo oggettivo dato dall’analisi delle statistiche di vendita e di acquisto. In ogni caso ogni affiliato può, tramite un’apposita rete intranet, verificare in ogni momento l’andamento del suo locale e i giudizi – graficamente indicati con semafori verdi o rossi – che Rossopomodoro esprime sull’andamento del punto vendita.
-Se un affiliato accumula troppi semafori rossi cosa succede?
Dipende. Se per esempio un nostro ispettore riscontra standard qualitativi non impeccabili, ci si può limitare ad una ramanzina spiegando che cosa non va e come migliorare. Se invece riscontriamo il non rispetto degli obblighi contrattuali , per esempio nel caso di utilizzo di materie prime non provenienti dalle nostre aziende, allora si può arrivare a rescindere il contratto.
- Tra costi ed obblighi contrattuali il franchising sembra una scelta impegnativa. Ma non è meglio fare da soli?
Io da imprenditore che è partito da zero, oggi non aprirei mai un ristorante indipendente. Affidarsi ad un marchio, infatti, è vantaggioso per almeno tre motivi. Il primo è che il franchisor, grazie alla sua esperienza, sa indicare esattamente qual è l’incidenza delle materie prime, e quindi garantisce all’affiliato un margine operativo certo. Per esempio, per quanto riguarda Rossopomodoro, noi sappiamo che l’incidenza delle materie prime è del 19% al Nord, del 20% al Centro e del 21% al Sud, e questa differenza deriva dal prezzo finale di vendita che è maggiore al Nord, come è logico che sia. Il secondo motivo è l’appeal del marchio, che rappresenta una garanzia per avere maggiore clientela. Il terzo riguarda il menù, che è frutto di indagini di mercato e scelte che vengono incontro ai gusti dei consumatori.
- E perché, tra le molte catene di franchising un aspirante imprenditore dovrebbe scegliere voi?
Perché ci sono franchising che funzionano e altri che non funzionano, e i nostri 80 punti vendita, insieme al nostro fatturato, dimostrano che il nostro franchising funziona.
- Quanto si può guadagnare con un locale Rossopomodoro?
E’ sempre difficile dare dei numeri in questi casi, perché il margine operativo dipende dall’incidenza delle materie prime e dai costi fissi, che variano anche di molto a seconda di dove è posizionato il locale e di conseguenza dai costi di locazione. Quello che posso dire è che questo margine è intorno al 17-20% del fatturato.
Per le immagini si ringrazia il Gruppo Sebeto, proprietario dei marchi e il suo amministratore delegato, Franco Manna per la disponibilità all’intervista. Nella seconda parte di questo viaggio nel mondo del franchising Sebeto analizzeremo in dettaglio le caratteristiche dei due marchi, Rossopomodoro e Rossosapore.
Katia Bonchi